JOKER: FOLIE à DEUX è UN FILM CHIUSO IN GABBIA

Joker: Folie à Deux è un film sfuggente fin dalle definizioni. Si presenta come un musical, ma è quasi un remake musicale dell'originale. La prigione mentale dello squallido appartamento che Arthur Fleck condivideva con la madre qui è un carcere vero e proprio, ma i conflitti fondamentali sono gli stessi: quello tra realtà e immaginazione nella mente scissa di Arthur/Joker, quello tra approccio repressivo e approccio terapeutico al male nella società nel suo complesso.

In attesa del processo per gli omicidi del primo film, Arthur è un detenuto modello che ha finito le barzellette, le risate e perfino le parole. Le sue interazioni, tanto con le guardie carcerarie che lo rinchiudono quanto con la psichiatra che vorrebbe aiutarlo si limitano a: “Can I have a cigarette?”. Forse ha dimenticato Joker e tutto quello che chiede è un posticino, da marginale, nel grande sistema circolatorio del consumo.

Questo finché non incontra Harley Quinn/Lady Gaga, reclusa nel reparto femminile di Arkham e, per così dire, grande fan di Joker, da subito intenzionata a “costruire una montagna” con lui (vedi Gonna Build a Mountain di Sammy David Jr., da Fermate il mondo, voglio scendere. È solo il primo di un dedalo di riferimenti ai grandi musical di Broadway dentro il quale il film scorre).

Joker - Folie à Deux è un film impossibile. Racconta la cura, la guarigione, la repressione di una mente dissociata e quindi creativa, è un anti-cinecomic, un anti-musical, un film sul trionfo della realtà sull'immaginazione, un trionfo violento anche quando è a fin di bene. Come il suo protagonista, Joker Folie à Deux tenta disperatamente molte strade per uscire dalla cella in cui Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) è rinchiuso, ma per il musical non c'è spazio, al procedural mancano le parole, la violenza è sistemica e quindi anodina, della love story c'è solo uno scheletro di parole languide e inerti dei testi delle vecchie canzoni dei musican.

L’idea è quella del cinema che soffoca sé stesso, della origin story di Joker che coincide con la dissociazione definitiva, anche corporea, tra realtà e e fantasia, di un mondo, il nostro, che si compiace di chiamare “mitologia” o “arte” ciò che è solo intrattenimento. (Significativamente il primo Joker, cioè un film tratto dalle gesta di Fleck nel primo film, esiste nel mondo di Folie à Deux come mediocre “film per la TV”).

L'impalcatura però è talmente complessa e ingegnosa che è impossibile costruirci sopra. Folie à Deux è un film afasico, contratto più che rigoroso, ripetitivo più che angoscioso, autoreferenziale più che claustrofobico, più bello da raccontare che da guardare. In altre parole, è una bella idea ma non è un bel film.

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