Tutte le cose belle, prima o poi, giungono a un epilogo e al capolinea, il 21 settembre, è arrivato anche il percorso di Sex Education. La serie di Netflix, scritta dalla promettente Laurie Nunn, in cinque anni ha saputo non solo capovolgere i crismi del teen drama ironizzandoci su, ma pure ampliare un dibattito, quello sul sesso e sulle emozioni in tutte le loro sfaccettature, disancorandoli da tabù e limiti narrativi.
Non solo: in tre stagioni - la quarta è meno incentrata su questi temi, ma si porta dietro il carico delle precedenti - ha saputo anche raccontare il peso della disparità economica in una società che già tra i banchi di scuola separa in modo drastico chi arriva da una famiglia agiata e chi invece deve combattere con povertà, difficoltà e un futuro reso incerto dalle circostanze iniziali. Insomma, da qualunque angolazione la si guardi, Sex Education è un progetto di grande valore culturale, sociale e televisivo.
Certo, questa ultima stagione è caotica, fin troppo densa e mette più carne al fuoco di quanto sarebbe stato necessario per la sua riuscita. Il motivo di questo coloratissimo casino è dettato da ragioni opportunisticamente televisive: con i membri principali del cast pronti a spiccare il volo altrove - solo Asa Butterfield aveva una carriera ben avviata alle spalle prima della serie; Emma Mackey e Ncuti Gatwa, recentemente visti entrambi in Barbie, avevano già anticipato di voler dire addio a Sex Education per iniziare nuovi progetti - sarebbe stato difficile garantire agli spettatori lo stesso livello delle prime stagioni. La chiusura della serie con la quarta stagione, insomma, è stata quasi obbligata. Motivo per cui gli sceneggiatori hanno dovuto sviluppare e mettere un punto a tutte le storyline senza possibilità di ritorno in appena otto episodi.
In queste quattro stagioni i cliché del genere teen drama sono stati usati a piene mani, col risultato che spesso ci è sembrato di seguire narrazioni già viste altrove (Maeve che va a studiare scrittura in America un secondo dopo aver confessato il suo amore per Otis fa molto Joey Potter Dawson's Creek quinta stagione) ma scritte e interpretate meglio. Sex Education è un teen drama al suo meglio e anche la quarta stagione non fa eccezione: l'attenzione degli spettatori, curiosi di scoprire come va a finire tra Maeve e Otis - si metteranno insieme? Avranno il loro lieto fine? Non è che alla fine la spunta Ruby? No spoiler, vi lasciamo il gusto di scoprirlo da soli - viene furbescamente catturata da nodi narrativi quasi banali, poi per forza di cose prende derive più impegnate. Il punto di partenza sono le relazioni, non solo quelle sentimentali o intime ma soprattutto quelle tra genitori e figli e tra amici.
I temi sono variegatissimi: si parla di lovebombing e manipolazione affettiva; di depressione post-partum grazie alla splendida interpretazione di Gillian Anderson nei panni di una Jean Milburne che boccheggia tra il lavoro impegnativo, una neonata e un figlio adolescente; di transizione di genere grazie al commovente personaggio di Cal; e poi ancora di asessualità, di ricerca della propria identità e di fede con Eric e del processo di guarigione che inizia dopo aver subito molestie per viva voce della splendida Aimee.
Sullo sfondo ci sono sempre le relazioni dei protagonisti, che vengono tratteggiate in modo divertente e schietto, senza scorciatoie: ritroviamo Otis ed Eric, amici indistruttibili, che si ritrovano a camminare su strade differenti e a mettere in pausa la loro amicizia; Maeve che tenta di realizzare i suoi sogni di scrittrice in America portando avanti una relazione a distanza con Otis; Jean che prova a farcela con un neonato senza sacrificare la carriera e riscopre il legame con una sorella perduta. Commovente, a prova di lacrime, l'evoluzione del rapporto tra Adam (Connor Swindells) e suo padre, l'ex preside del liceo Moordale Groff, che proveranno a parlare di emozioni dopo una vita passata a reprimerle. I nuovi personaggi, tra cui spicca quello della sex therapist new age interpretata da Thaddea Graham, non sono memorabili, ma risultano convincenti nel creare scompiglio, dubbi o prese di coscienza nei personaggi principali.
Infine, l'estetica anni Novanta: segno distintivo della serie, avvolge ancora una volta i look dei protagonisti, l'architettura del set e la fotografia, creando una sorta di distopia nello spettatore che, sullo schermo, vede invece scorrere cose modernissime (e persino un nudo frontale di Otis senza censure e senza abbellimenti).
Il sesso di Sex Education, nella sua disarmante normalità e brutalità, non solo non sconvolge né risulta pruriginoso (come accade per altri prodotti anche meno spicy tipo Bridgerton) ma è soprattutto formativo. D'altronde, in queste quattro brillanti stagioni, siamo tutti un po' tornati a scuola con Otis e i suoi amici, rimettendo in discussione ciò che avevamo imparato dalle serie tv ambientate nei licei, ricordando il rapporto con i genitori in adolescenza (per chi adolescente non è più) e confrontando l'esperienza dei protagonisti della serie con la propria (per il target eletto dello show, ovvero la GenZ). Tra tante serie mal scritte, oppure scritte bene ma mal interpretate, oppure prodotte con intenti nebulosi (vedi Euphoria), Sex Education è una perla piccola, ma rara. Che ci mancherà.
2023-09-21T08:03:34Z dg43tfdfdgfd