ARTE STRUMENTO DI PACE: IL 27 MARZO è LA GIORNATA MONDIALE DEL TEATRO

La Giornata Mondiale del Teatro si celebra il 27 marzo di ogni anno. Questa ricorrenza è stata istituita per la prima volta nel 1962 dall’International Theatre Institute (ITI) e dall’UNESCO. La data coincideva con la tradizionale cerimonia di inaugurazione del Teatro delle Nazioni a Parigi ed è diventata spunto di iniziative ed eventi in moltissime città del mondo. Quest’anno, la Giornata Mondiale del Teatro è giunta alla sua 62esima edizione.

Il messaggio universale per la Giornata Mondiale del Teatro

Ogni anno viene chiesto a un personaggio di spicco nel mondo dello spettacolo, del teatro o della cultura in generale di scrivere un messaggio che celebri questa giornata. Il testo viene letto in università, scuole, biblioteche, teatri e luoghi di cultura in tutto il mondo. Tra gli autori coinvolti in passato in questa iniziativa troviamo Jean Cocteau, Arthur Miller, Luchino Visconti, Dario Fo, Anatoly Vassiliev e Pablo Neruda.

Il messaggio di quest’anno, dal titolo “L’arte è pace”, arriva dallo scrittore Jon Fosse e sottolinea il valore del teatro in relazione alla pace nel mondo. Le sue parole invitano a riflettere sull’importanza dell’arte come veicolo di comprensione e connessione tra le persone di tutto il mondo.

L’arte come strumento di pace

Ecco il messaggio di Jon Fosse:

“Ogni persona è unica e, allo stesso tempo, simile a tutte le altre. L’aspetto esteriore, visibile di ciascuno è diverso da quello di chiunque altro, questo è ovvio, ma c’è anche dentro ogni individuo qualcosa che appartiene solo a quella persona, che è proprio solo di quella persona. Potremmo chiamarlo il suo spirito, o la sua anima, oppure potremmo decidere di non etichettarlo affatto con le parole, lasciandolo semplicemente stare là.

Ma anche se diversi gli uni dagli altri, siamo al contempo simili. Le persone di ogni parte del mondo sono fondamentalmente simili, e questo indipendentemente dalla lingua che parliamo, dal colore della pelle che abbiamo, dal colore dei capelli.

Potrebbe sembrare un paradosso: siamo completamente simili e completamente dissimili allo stesso tempo. Forse ogni persona è intrinsecamente paradossale, nel legame tra corpo e anima: comprendiamo in noi sia l’esistenza più terrena e tangibile, sia quanto trascende questi limiti materiali e terreni.

L’arte, la buona arte, riesce, in modo meraviglioso, a coniugare l’assolutamente unico con l’universale. Ci permette di comprendere ciò che è diverso – ciò che è estraneo, si potrebbe dire – in quanto universale. Così facendo, l’arte supera i confini tra le lingue, le regioni geografiche, i paesi, mettendo insieme non solo le qualità individuali di ciascuno, ma anche, in un altro senso, le caratteristiche individuali di ogni gruppo di persone, ad esempio di ogni nazione.

L’arte non lo fa appiattendo le differenze e rendendo tutto uguale, ma, al contrario, mostrandoci ciò che è diverso da noi, ciò che è estraneo o straniero. Tutta la buona arte contiene proprio questo: qualcosa di estraneo, qualcosa che non possiamo comprendere completamente e che, allo stesso tempo, in un certo senso, comprendiamo. Contiene un mistero, per così dire. Qualcosa che ci affascina e che ci spinge oltre i nostri limiti, creando così quella trascendenza che ogni arte deve contenere in sé e alla quale deve condurci.

Non conosco modo migliore per unire gli opposti. Questo approccio è esattamente il contrario rispetto a quello dei conflitti violenti che vediamo troppo spesso nel mondo, che assecondano la tentazione distruttiva di annientare tutto ciò che è estraneo, unico e diverso, spesso utilizzando le invenzioni più disumane che la tecnologia abbia messo a nostra disposizione. C’è il terrorismo nel mondo. C’è la guerra.

Questo perché le persone hanno anche un lato animale, spinte dall’istinto di percepire l’altro, lo straniero, come una minaccia alla propria esistenza piuttosto che come un affascinante mistero.

È così che l’unicità, le differenze che si possono vedere, scompaiono, lasciando dietro di sé un’uniformità collettiva in cui tutto ciò che è diverso diventa una minaccia da sradicare. Ciò che dall’esterno è visto come una differenza, ad esempio nell’ambito della religione o dell’ideologia politica, diventa qualcosa da sconfiggere e distruggere.

La guerra è la battaglia contro ciò che risiede nel profondo di ognuno di noi: qualcosa di unico. Ed è anche una battaglia contro l’arte, contro ciò che risiede nel profondo di ogni arte.

Ho parlato qui dell’arte in generale, non del teatro o della drammaturgia in particolare, perché, come ho detto, tutta la buona arte, in fondo, si basa sulla stessa cosa: prendere l’assolutamente unico, l’assolutamente specifico, per renderlo universale. Unire il particolare all’universale, esprimendolo artisticamente: non eliminando la sua specificità, ma enfatizzandola, lasciando risplendere ciò che è estraneo e non familiare.

La guerra e l’arte sono opposti, proprio come lo sono la guerra e la pace. È semplicemente così.

L’arte è pace“.

Chi è Jon Fosse

Jon Olav Fosse (nato il 29 settembre 1959 a Haugesund, Norvegia) è uno scrittore e drammaturgo norvegese. Nel 2023, è stato insignito del prestigioso Premio Nobel per la sua straordinaria contribuzione alla letteratura e al teatro. La sua scrittura è profonda, riflessiva e spesso tocca temi universali come la solitudine, l’identità e la condizione umana. Il suo contributo per la Giornata Mondiale del Teatro è particolarmente prezioso e significativo.

Foto copertina: credit agenzia Istock

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